Makeup d'epoca: gli anni '60

« Older   Newer »
  Share  
icon1  view post Posted on 28/3/2016, 15:09     +2   +1   -1
Avatar

Biomineralina Addicted

Group:
BioMineraline
Posts:
2,255
Reputation:
+343

Status:




Gli anni '60 sono stati un periodo ricco di fermenti culturali, grandi cambiamenti sociali e morali ma anche pieno di contraddizioni, attraversato da una vena più leggera e superficiale. Infatti, se l'ideale di un corpo sempre più magro e giovane, l'attenzione a tutto ciò che è di moda (hip, cool, in, it) e l'ossessione per la celebrità in quanto tale ha le sue radici negli anni 20, è proprio negli anni 60 che diventa quel fenomeno di massa che conosciamo ancora oggi. Per la prima volta i giovani sono in larga maggioranza, alla ricerca di un nuovo modo di rappresentare se stessi e di interagire con il mondo, in aperto contrasto con le generazioni precedenti considerate troppo conformiste e conservatrici. In un contesto come questo, con un'intera generazione alla ricerca di un nuovo modo di essere, il look diventa fondamentale:

- stile MOD ("modern", inizio anni 60): capelli corti e dalla forma tondeggiante per tutti; da paggio o a elmetto come i Beatles per i ragazzi, caschetto a cinque punte o pixie cut come quelli creati da Vidal Sassoon per Mary Quant e Mia Farrow per le ragazze. La bellezza Mod ideale è incarnata alla perfezione da Twiggy, l'opposto della pin up iperfemminile, materna e tutta curve dei decenni precedenti: esile, minuta, acerba, fragile, magrissima, dal fascino androgino-adolescenziale, spettinata, con pelle perfetta, occhi grandi e bocca piccola, una Lolita apparentemente inconsapevole della propria sensualità (il libro di Nabokov viene pubblicato in Europa proprio in questo periodo). Gli accessori feticcio sono l'eye liner, usato in modo grafico e creativo sull'intera area perioculare, e le ciglia finte applicate intere, a ciuffi, a coppie, al contrario, sulla rima superiore, inferiore, disegnate con la matita, ecc. Gli ombretti si ispirano all'arte contemporanea, i colori saturi e vivaci della pop art si alternano al gioco di opposti in bianco e nero dell'optical art. Lo sguardo viene reso più ampio e profondo grazie alla tecnica del cut crease che consiste nel tracciare una linea curva più scura sull'intera lunghezza della piega dell'occhio in contrasto con una palpebra mobile più chiara e luminosa. La bocca è in secondo piano, struccata, pallida, con un leggero velo di gloss trasparente o annullata con fondotinta, cipria e correttore (i rossetti beige non esistevano). I cappelli tradizionali vengono sostituiti da berretti morbidi dalla visiera rigida.

Twiggy, come molte modelle, si truccava e vestiva da sola prima di ogni servizio fotografico; ai tempi, nel mondo della moda, non esistevano ancora figure professionali come stylist e makeup artist.








Anche un'amante dello stile anni '50 come Audrey Hepburn si lascia sedurre dal cut crease:



Vidal Sassoon all'opera su Mia Farrow e Mary Quant





Il famoso caschetto a cinque punte



- stile futuristico-spaziale: ispirato al ruolo di Jane Fonda in "Barbarella" e al generale senso di ottimismo dato dalle continue scoperte tecnologiche e dai viaggi nello spazio che facevano sentire il futuro immaginato dalla fantascienza sempre più vicino. I colori più usati erano il bianco e l'argento, con effetto frost (ghiacciato), perlato o metallizzato, cercando di replicare i riflessi lucidi dei nuovi materiali (plastica, vinile, rodio, acciaio, ecc.) usati da stilisti innovativi come Paco Rabanne, Pierre Cardin e Courreges. Capelli lunghi, lisci o leggermente ondulati, preferibilmente biondi, molto cotonati, soprattutto nella parte superiore del capo. I copricapi ricordano i caschi da fantino e astronauta.

Rossetto bianco e finish frost per labbra "spaziali"







Il nuovo look cotonato e biondo platino di Brigitte Bardot si ispira a questa tendenza



Jane Fonda in "Barbarella" di Roger Vadim (1968), costume e stivali di Paco Rabanne.


- stile bon ton e glamour: di giorno ispirato a Jackie Kennedy con colori pastello, tailleur e cappottini dal taglio sobrio e lineare, cappellini geometrici (pill box), unghie-guance-occhi-labbra rigorosamente della stessa tinta e finish (molto amato il rosa perlato che viene dichiarato colore dell'anno nel 1962) e capelli sempre perfettamente in piega grazie a posticci, toupet e parrucche che proprio in questi anni raggiungono l'apice di vendita e produzione. Per questo tipo di cliente benestante, matura e alla ricerca di qualcosa di meno alternativo e più curato, Helena Rubinstein istituisce con grande successo il "Day of Beauty": 6/7 ore da dedicare completamente a sè stesse fra massaggi, ginnastica, dieta, pulizia del viso, manicure, pedicure, trucco, ecc. Di sera i modelli di riferimento sono la moglie dello scià di Persia Farah Diba, Priscilla Presley e Liz Taylor in "Cleopatra" (1963). Il look diventa più intenso e scenografico con capelli nero pece lisci, gonfi e voluminosi, ombretti sgargianti (bianco gesso, turchese, verde smeraldo) e un uso massiccio dell'eyeliner liquido e in gel sia sulle sopracciglia, per renderle più scure e definite, che attorno all'occhio allungandosi sopra e sotto in una o più code verso l'alto che possono arrivare fino alle tempie in un'evoluzione drammatica del tipico cat eye anni '50 (tiger eye).

Il must have della signora perbene: rossetto rosa perlato da abbinare ad accessori dello stesso colore



Jackie Kennedy con il pill box


La "cofana" di Priscilla Presley :)




Liz Taylor dentro e fuori il set di "Cleopatra". A causa di questioni sindacali, era spesso costretta a truccare da sola se stessa e alcune comparse; una volta finito di lavorare, passeggiava per Roma senza cambiarsi contribuendo a diffondere la nuova moda ancora prima che il film uscisse nelle sale.



Sophia Loren, il tiger eye più famoso del cinema



- stile hippy (fine anni 60): chiome lunghissime, liscie o mosse, spesso con la riga in mezzo, senza messa in piega, lasciate crescere libere e selvagge sia per le ragazze che per i ragazzi, con grande scandalo dei benpensanti. I fermacapelli di plastica a forma di margherita di Mary Quant diventano dei fiori veri e propri, intrecciati con perline, nastri, piume e laccetti di cuoio. Il trucco diventa un modo per esprimere se stessi e lo spirito dell'epoca, esce dai ristretti confini del viso per estendersi a tutto il corpo con scritte, simboli, disegni astratti o floreali, ponendo le basi per quello che sarebbe diventato il body painting e la body art. Grande fascino per tutto ciò che è naturale e orientale, che rispetta l'ambiente e punta a unire in armonia esteriorità e spiritualità come yoga, meditazione, oli essenziali, massagi olistici, aromaterapia, cristalloterapia, cromoterapia, ecc.



Icone di stile: le modelle smettono di essere anonime indossatrici e diventano delle star in grado di influenzare usi e costumi della società, fra le più amate: Twiggy, Penelope Tree, Jane Shrimpton, Veruschka e Edie Sedwigck, musa di Andy Warhol.

Penelope Tree, la prima ad applicare le ciglia finte al contrario e sulla rima inferiore


Veruschka ha partecipato a "Blow Up" di Antonioni ed è diventata una quotata body painter


Lo stile di Edie Sedwickg è stato protagonista di vari servizi su Vogue e ha scatenato dei veri e propri fenomeni di emulazione, in particolare le hanno copiato la calzamaglia nera coprente usata al posto dei pantaloni, le t-shirt da uomo a righe orizzontali come mini abito, le pellicce corte ma voluminose e gli orecchini etnici giganti che sfiorano le spalle.

Le attrici perdono l'aura di divismo e tornano ad essere delle semplici ragazze della porta accanto, a colpire l'immaginario collettivo non è più il loro stile ma quello dei personaggi che portano sullo schermo: Faye Dunaway in "Bonnie and Clyde", Jean Seberg in "Fino all'ultimo respiro", Julie Christie in "Darling", Jane Fonda in "Barbarella", Mia Farrow in "Rosemary's Baby", Monica Vitti nella trilogia dell'incomunicabilità ("L'avventura", "La notte", "L'eclisse") e "Deserto Rosso" di Michelangelo Antonioni, ecc.

Jean Seberg in "Fino all'ultimo respiro" di Jean-Luc Godard (1960)


Faye Dunaway in "Bonnie and Clyde" di Arthur Penn (1967)


Monica Vitti

Nella musica: Joan Baez, Janis Joplin, Francoise Hardy, Patty Pravo, Mina e Maria Callas, diventata per molte donne il simbolo dell'anatroccolo brutto e goffo trasformato in uno splendido cigno.

Janis Joplin


Mina a inizio e fine anni '60, tiger eye per la tigre di Cremona




Maria Callas
 
Top
pennydue
view post Posted on 29/3/2016, 08:14     +1   -1




Sempre interessante e documentatissimo

Grazie
 
Top
keila
view post Posted on 29/3/2016, 12:25     +1   -1




Grazie Holly!
E' interessante vedere come inquesta decade abbia visto avicendarsi stili molto diversi tra loro, a seconda dell'età, dell'estrazione sociale, ecc.

Lavoro splendido, come sempre :cuo:
 
Top
Burning_Phoenix
view post Posted on 30/3/2016, 12:10     +1   -1




Rileggere e vedere le immagini da pc é tutt'altra storia!!!
grandiosa la decade per i molteplici stili trovo qui alcune delle mie attrici-cantanti icone di stile ma anche personalità (Mina tra tutte)

Bravissima Holly, di una facilità di lettura e scorrevolezza unica questi pezzi, ribadisco!
:cya:
 
Top
3 replies since 28/3/2016, 15:09   202 views
  Share