LA CIPRIA: per molti secoli, sia in Oriente che in Occidente, l'ideale di bellezza femminile è stato strettamente connesso a una pelle il più pallida e luminosa possibile, quasi trasparente, ritenuta simbolo di purezza, fertilità, virtù, buona salute, eterna giovinezza e, più in generale, di una presunta superiorità fisica, morale e sociale. Nel corso della storia sono stati usati prodotti di ogni tipo come cipria schiarente e uniformante: farina, gesso, argilla, talco, amido di riso, polvere di perla (Cina), albume d'uovo, mandorle finemente tritate, escrementi d'usignolo essiccati (Corea), ecc oltre a sostanze più nocive come arsenico, mercurio e il famoso piombo bianco (detto anche biacca, spirito di Saturno, ceruso o cerussa) ottenuto facendo bollire a lungo, e in più riprese, in una mistura di acqua e aceto gli scarti della lavorazione dell'argento e il piombo poi raccolti e polverizzati. Ciprie a base di piombo e addirittura radioattive, con radio e torio, sono state prodotte fino al 19° secolo inoltrato. Il piombo bianco ha attraversato i luoghi e le culture più diverse, era all'interno dello psimuthion usato da tutte le donne dell'antica Grecia, con la sola eccezione delle spartane che facevano molta attività fisica all'aperto e non avevano paura di abbronzarsi, ed è stato per più di 350 anni alla base della routine quotidiana delle dame di corte dell'Impero cinese che hanno influenzato anche il makeup tradizionale della geisha giapponese. La biacca usata durante il carnevale di Venezia era considerata un vero status symbol nelle corti europee del '600, era la più pura, preziosa e concentrata, quindi anche la più tossica, molto amata da Caterina de Medici, presto imitata da tutti gli uomini e le donne dell'aristocrazia francese, e da Elisabetta I d'Inghilterra. Le controindicazioni di un uso prolungato erano terribili: caduta di denti e capelli (i ritratti delle nobili dell'epoca mostrano una fronte più alta e spaziosa del normale come se fossero stempiate), alito cattivo, problemi respiratori, un lento e graduale avvelenamento del sangue, pelle disidratata, prematuramente invecchiata, ingrigita con lesioni, ematomi e discromie, che scatenava un circolo vizioso per cui si metteva sempre più trucco per coprirne i danni causati. Nell'800 le prime riviste femminili risvegliano l'attenzione sul problema e promuovono ingredienti più innocui come la polvere di magnesio e l'ossido di zinco (che aveva anche il pregio di proteggere dal sole), spesso tonalizzati in lilla o blu per accentuare l'aria malaticcia tanto di moda. Le prime ciprie compatte risalgono agli anni '20, prodotte per adattarsi al nuovo stile di vita più autonomo e dinamico. Negli anni '30 aumentano i colori a disposizione, finalmente divisi per sottotono, e escono le prime polveri libere per il corpo profumate abbinate a fragranze già note come Shalimar di Guerlain. Negli anni '40 e '50 l'atto di ritoccarsi il trucco in pubblico non è più considerato moralmente riprovevole e le confezioni diventano pezzi da collezione fantasiosi e creativi da sfoggiare con orgoglio: a forma di mano, valigia, pianoforte, costellazione, palla da bowling, ecc. fino alla rotella del telefono realizzata da Salvador Dalì per Elsa Schiapparelli. Una delle ciprie compatte più longeve, ancora nei negozi, è la Creme Puff di Max Factor, prodotta ininterrottamente da quasi 60 anni.
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