IL TUBINO NERO

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missholly
icon12  view post Posted on 6/2/2017, 18:54 by: missholly     +1   -1
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IL TUBINO NERO

"L'utilitaria Ford della moda" secondo Vogue Usa, che per primo ne colse le grandi potenzialità, ovvero un modello universale, versatile, declinabile in mille varianti pur restando assolutamente riconoscibile, un nuovo classico destinato a influenzare la vita quotidiana per sempre.

Le petite robe noir nasce da un'intuizione geniale di Coco Chanel, alla costante ricerca di un'uniforme moderna, pratica ma elegante, in grado di accompagnare in ogni momento della giornata una nuova figura di donna più autonoma, dinamica e indipendente rispetto al passato, in grado di viaggiare da sola, guidare, fare sport e lavorare fuori casa.
Il primo in assoluto risale agli anni'20 (1° Ottobre 1926), ispirato alla lettere T e X e ai grembiuli austeri delle istitutrici dell'orfanotrofio in cui Chanel aveva passato l'infanzia, accollato, a maniche lunghe, longuette, con la vita leggermente rimborsata, accompagna dolcemente le forme del corpo invece di nasconderle o comprimerle grazie al tessuto morbido e fluido in jersey; in una tonalità tabù, di solito riservata ai periodi di lutto stretto e vedovanza, che si rivelerà estremamente contemporanea, dalla linea sobria, semplice e asciutta, in grado di passare dal giorno alla sera semplicemente cambiando gli accessori. Il successo su scala mondiale è immediato e sorprendente, viene subito replicato e imitato in migliaia di copie dai grandi couturier d'alta moda francese ai centri commerciali americani, dai costumisti di Hollywood fino alle sartine di quartiere e casalinghe fai da te.



Le flapper ne accorciano maniche e orlo, abbassano la vita e lo ricoprono di piume e lustrini, negli anni '30 grazie a Elsa Schiaparelli e Wallis Simpson raggiunge la dignità e l'importanza di un abito da cerimonia, nei '40 con Betty Boop, Betty Page e la "Gilda" di Rita Hayworth, diventa più scollato e si arricchisce di connotazioni più sensuali e maliziose, nei '50 si divide in due linee fondamentali, una con gonna ampia e voluminosa e una più stretta e aderente, entrambe sotto al ginocchio e con vita ben segnata, mentre nei '60 si trasforma in una cortissima tunica trapezoidale.
In Italia viene accettato a lungo con fatica, ancora nel '53 la giornalista Camilla Cederna lo giudica "un vestirello scemarello e stupidello", considerato ridicolo e scandaloso a causa delle gambe troppo scoperte, inadatte a un abito color funerale.

Versione flapper anni '20



Greta Garbo in Elsa Schiaparelli


Betty Boop, fedele al suo little black dress sin dagli anni '30


Rita Hayworth in "Gilda" di Charles Vidor nel 1946



Negli anni '50 si alternano uno stile più elegante e sofisticato ad uno più aderente, scollato e sensuale









Durante gli anni '60 le linee si semplificano e gli orli si accorciano vertiginosamente




Il momento di massimo successo coincide naturalmente con l'interpretazione del personaggio di Holly Golightly da parte di Audrey Hepburn in "Colazione da Tiffany" di Blake Edwards (1961). In realtà nel film vengono mostrati vari tubini neri molto diversi fra di loro che l'immaginario collettivo ha spesso unito e confuso in un unico perfetto ideale little black dress mai esistito. L'abito più famoso, indossato mentre mangia un croissant davanti alle vetrine della gioielleria, è un capolavoro d'alta sartoria, lungo fino alla caviglia, con uno scollo a mezzaluna sulla schiena, abbinato a guanti lunghi, occhiali da sole e collier di perle, realizzato con pochissime cuciture e un taglio magistrale di raso italiano dallo stilista francese Hubèrt de Givenchy, scelto personalmente dall'attrice. Nel 2006 è stato battuto all'asta da Christie's per 410.000 sterline, un prezzo decine di volte superiore al suo valore originale. In altre scene, invece, indossa tubini più corti, al ginocchio, con una cinturina di stoffa o gioiello in vita, scolli più ampi squadrati o tondeggianti, decorazioni come balze di frange, piume o pelliccia sul fondo della gonna, completati da buffi ma eleganti cappelli con lunghi nastri o grandi fiocchi. Non è chiaro se i costumi di scena più eccentrici, meno adatti alla vita reale, siano stati creati da Givenchy su esplicita richiesta del regista o se siano opera della storica costumista di Hollywood Edith Head che aveva il ruolo di supervisore, messa in ombra dallo stilista più famoso che se ne è preso il merito.

Audrey Hepburn aveva già scelto un tubino nero di Givenchy nel 1954 per "Sabrina" di Billy Wilder, questa volta con scollo dritto e gonna a ruota


Due modelli più corti ed eccentrici e il lungo di Givenchy indossati in "Colazione da Tiffany"






Negli anni '80, assieme al blazer con spalline imbottite, diventa il cardine del power suit, l'abito per eccellenza della donna di potere in carriera; negli anni '90 mostra due stili opposti e complementari, un ritorno alle origini essenziale, minimalista e geometrico, e un lato più giovane e grunge con dettagli in pelle abbinato a calze a rete, anfibi e camicie di flanella a scacchi. Negli anni 2000 l'interpretazione che più ha colpito il pubblico è sicuramente quella siculo-mediterranea di Dolce e Gabbana, allo stesso tempo erotica e austera, con influenze pagane e religiose, in cui il modello iniziale viene mescolato a guaine contenitive, vestagliette da casa da casalinga anni '50 e sottovesti in seta e pizzo.

Il "sicilian style" di Dolce e Gabbana




Come amava ripetere Coco Chanel, "la moda passa ma lo stile resta", il tubino nero è stato in grado di evolversi e adattarsi a ogni tipo di tempo, cultura, occasione, fisicità e ceto sociale, pur rimanendo sempre fedele a se stesso.

 
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